Appert: una rivoluzione in cucina

Oggi vi presentiamo un libro foriero di una delle più grandi rivoluzioni nella storia della Cucina e della Gastronomia:
Appert Nicolas
L’Art de Conserver, pendant plusieurs années, toutes les substances anima-les et végétales. A Paris, Chez Patris et Cie, 1810.
In-8° (192×122 mm). Pagine xxxii, 116. Con una tavola incisa in rame più volte ripiegata fuori testo. Brossura dell’epoca rimontata. Firma autografa dell’Autore in inchiostro bistro, caratteristica degli esemplari in prima tiratura.

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Edizione originale – in prima tiratura – di quest’opera epocale in cui Appert spiega la sua nuova scoperta: l’invenzione della conservazione dei cibi in scatola – o, per dirla alla francese, l’invention de la boîte de conserve. Da questa pubblicazione il mondo della cucina non sarà più lo stesso: si realizza in pieno un’enorme rivoluzione ‘che determinerà nuovi orientamenti alimentari, e un nuovo benessere anche per le classi meno privilegiate. Rivoluzione che ha due elementi fondamentali: la conservazione dei cibi in scatola, e l’avvento dell’era del freddo’ (Alberini).

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Ebbene il primo dei due elementi alla base di questa rivoluzione è figlio dell’inventiva di Nicolas Appert, figlio di albergatori e poi pasticcere a Parigi, dove, intorno al 1795 nel suo negozio di Rue des Lombards, cominciò le sperimentazioni che lo portarono a codificare il nuovo processo conservativo: introdurre gli alimenti già lavorati nelle bottiglie; chiudere con tappi di sughero; immergere in acqua bollente, per tempi variabili in base al tipo di alimento; raffreddare. Il procedimento, che divenne strategicamente importantissimo durante le campagne militari napoleoniche – garantendo un più semplice approvvigionamento alle truppe – venne mantenuto segreto finché, nel 1810 fu concesso ad Appert la possibilità di divulgare il suo metodo assieme ad un premio di 12.000 franchi per la scoperta.

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Appert diede alle stampe allora L’Art de Conserver pendant plusieurs années toutes les substances animales et végétales che ebbe immediatamente un enorme impatto in tutta Europa: dello stesso anno sono la traduzione italiana (Arte di Conservare tutte le sostanze animali e vegetabili, Siena, Onorato Porri) e quella tedesca (Die Kunst, alle thierische und vegetabilischen Nahrungsmittel meherere Jahre, Koblenz, Pauli); nel 1812 si pubblica la prima edizione inglese (The Art of Preserving all kinds of animal and vegetables substances for several years (London, Cox and Baylis) e nel 1813 siamo già alla terza edizione francese corretta e ampliata (Paris, Barrois). Nel 1824 un’operetta anonima francese, subito tradotta in italiano – L’Arte di Conservare gli alimenti – non solo ruba il nome al testo di Appert ma enumera già l’Appertizzazione fra i metodi tradizionali, annunciandone perfino la messa a punto grazie all’invenzione inglese delle scatolette di latta col coperchio a stagno!

Una delle prime attestazioni pratiche del recepimento del metodo di Appert in Italia lo troviamo nella cucina dell’Agnoletti: se, infatti, nel suo libro La nuovissima cucina economica (1814) egli ignora i nuovi metodi proponendo per la conserva di pomodoro l’essiccazione al sole, nel celeberrimo Manuale del cuoco e del pasticcere (1832-1834) dimostra di aver appreso l’Appertizzazione e consiglia per conservar bene la conserva: “farete bollire le bottiglie otturate a bagno maria per sedici minuti e poi le farete raffreddare nel bagno medesimo”; così come tra l’altro lo attestano anche ricettari più popolari quali l’anonimo e fortunatissimo Il Cuciniere Italiano Moderno (Livorno, Vignozzi), nella cui edizioni è dedicato un intero capitoletto ‘Arte di conservare le sostanze animali, metodo del Sig. Appert’ (pp. 11-20): “Un duplice aspetto va sottolineato nel sistema di Appert: gli ortaggi vengono conservati senza additivi (sale, aceto, olio) che ne alterino il sapore; nel lavoro culinario il prodotto ottenuto funge da fresco, o può passare per tale. É in cucina, con piselli, asparagi, fagioli, carciofi, che i vantaggi sono maggiormente percepiti […] Per il pomodoro che viene impiegato soprattutto come condimento, la nuova procedura garantisce una fruizione costante, d’egual costo d’estate e d’inverno, senza sprechi. Ed in Italia sarà questa la conserva per antonomasia, diffusa in ogni parte della penisola, come notano Capatti e Montanari.
Bibliografia: Massimo Alberini, Storia della Cucina Italiana, 1992, pp. 235-237; Alberto Capatti – Massimo Montanari, La cucina italiana. Storia di una cultura, 1999, pp. 296-302. Sull’opera si veda inoltre: Vicaire, 34; Oberlé, 184; Bitting, 13; Cagle, 34; Garrison-Morton, 2467.1; Norman, 59; Wellcome II, 51; Quaritch, Cat. 1276, n.6; Bulloch, The History of Bacteriology, 1932, p. 44.

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